SABRINA GREGORI
‘QUALCHE PIANO OLTRE’
(ocio che questo è un LIBRO e nel lettore cd si potrebbe incastrare…)
Sabrina Gregori, per una larga fetta della sua vita, ha sbagliato quasi tutto. Educata, composta, solare, regolare e longilinea (anche se, forse, preferirebbe il termine ‘smilza’), la biondina di San Giovanni (inteso come rione di Trieste e non come comprensorio dell’ex ospedale psichiatrico…) ha sprecato anni preziosi sugli scranni dell’Università insieme ad altri babbei per poi laurearsi in Scienze politiche. E in seguito, non paga, altrettanti anni per cercare di far fruttare adeguatamente nella vita reale il titolo di studio meritatamente ottenuto nonostante le esperienze di spicco conseguite nel mondo della formazione.
Poi, probabilmente, si è incazzata insieme a parecchi altri tra i babbei di cui sopra. Solo che lei, Sabrina Gregori, si è progressivamente scoperta addosso una serie di talenti che neppure sospettava di avere: prima attrice teatrale, poi cantante e persino sceneggiatrice. Sempre con eccellenti risultati e concreti riscontri di pubblico e critica. Infine, tanto per non farsi mancare nulla, ha tirato fuori con le unghie anche il talento di scrittrice e, partita timidamente in sordina, ha saputo conquistare credibilità e rispetto con le sue sole forze senza neppure far parte dell’intellighentia correttamente schierata e dei salotti giusti.
In un contesto sociale nel quale inutili bipedi dal look eccentrico e dalle qualità inesistenti cercano la clamorosa ribalta dichiarando amore eterno a brutali assassini per poi agghiacciare gli sfortunati lettori con la comica inadeguatezza delle loro produzioni, Sabrina Gregori ha scelto invece la strada del lavoro metodico e della maturazione creativa, tenendo un pudico basso profilo anche se le sue eccellenti esperienze sul palcoscenico da assoluta protagonista avrebbero potuto consentirle (e le consentirebbero tuttora…) di attirare l’attenzione delle cronache con qualche coup de théâtre promozionalmente efficace e redditizio.
Purtroppo per lei, tuttavia, non ha precedenti penali, vizi pubblicamente riconosciuti attraverso clamorosi outing (almeno, che io sappia…) e neppure una casa editrice potentissima e in grado ‘comprarle’ qualche premio prestigioso, lanciandola così a livello nazionale come meriterebbe. Sabrina Gregori deve affidarsi solo al suo talento e alla sua fantasia con quel supporto che soltanto i piccoli ma lungimiranti editori possono fornire e quella complicità che solo il rispetto dei colleghi di penna (oppure di tastiera o di copertina) possono garantire.
Lascio a qualche illustre teorico il compito di psicanalizzarne i testi e, magari, di stabilire anche se le atmosfere prevalentemente oscure da lei trattate nascondano o meno particolari problemi interiori. Personalmente, ritengo assolutamente di no e mi limito a valutarne da semplice lettore ormai rodato (e giammai da critico letterario: mica mi arrivano i libri gratis a casa insieme ai cadeau dalle case editrici…) le caratteristiche espressive e tematiche. Perché, se gli inquietanti racconti contenuti nella raccolta ‘Tre innocui deliri’ del 2010 l’avevano catapultata a sorpresa tra gli autori emergenti (poca emoglobina e tanto mistero, discreto soprannaturale e maggiori dosi di allegoria, quasi nulla la violenza ma percepibile assai la suspance, alto livello di originalità e basso in termini di autocompiacimento stilistico), la forma del romanzo che la impegna nel recente ‘Qualche piano oltre’ diventa assai più congeniale e completo.
Restando sul panorama italiano, tra una grandinata di libercoli-sceneggiature (70-90 paginette di botta e risposta) e una manciata di tomi dalla rara imponenza (alla Giorgio Faletti, per intenderci), quello di Sabrina Gregori si colloca in un’ideale via di mezzo con un volumetto né troppo corto da lasciare la pancia mezza vuota, né eccessivamente lungo da provocare sonnolenza. Le sue “indagini nelle pieghe oscure dell’animo umano” questa volta la portano solo apparentemente a fare i conti con i palpiti claustrofobici promessi in copertina quando si preannuncia un’avventura all’interno di “un ascensore che non si ferma e prosegue ininterrottamente la sua corsa fino a riaprire le sue porte in un mondo completamente trasformato”. Niente testate per guadagnarsi un filo di ossigeno prima di soffocare in uno spazio angusto, dunque; nessun mostro a fare capolino dallo specchio per ingoiare l’occupante, né serial killer armati di sega circolare o camuffati da giocatore di hockey. Il sottile ‘imbroglio’ di copertina, bontà sua, è solo uno strumento per attirare il lettore verso una storia fondamentalmente generazionale e localistica (Trieste, le sue peculiarità climatiche e quelle storiche emergono di frequente) che prende il via negli anni Settanta in un cortile condominiale per poi saltellare tra l’oggi e il ieri con la lotta della protagonista (prima soltanto psicologica, poi anche fisica) per assicurarsi un domani. L’amico del cuore, una tana, visioni mostruose e disegni terribili ma dal chiaro effetto placebo; una storia d’amore e di abbandono, di separazione e di unione, di eroismo e di generosità, di crescita e di regressione. Né horror, né fantasy, né tantomeno thriller.
‘Qualche piano oltre’ è un viaggio in perfetto ‘Gregory’s style’ che sfida tempo e spazio e che, come direbbe l’autrice, costituisce “uno sguardo attento nell’animo di una donna capace di affrontare un percorso di riscatto e consapevolezza”.
Daniele Benvenuti